Editoriale

Esattamente a dieci giorni di distanza dalla “Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra ebrei e cattolici” cade, il 27 gennaio, il “Giorno della Memoria”, istituito ufficialmente in Italia nel 2000 per ricordare soprattutto la Shoah, lo sterminio degli ebrei, come pure quanti subirono in quell’epoca buia della storia europea deportazione, prigionia e morte, e quanti rischiarono o persero la vita per salvare altre vite. Il filosofo francese Paul Ricoeur, anch’egli imprigionato dai nazisti, scriveva che “dopo la Shoah la Storia dell’umanità non è più la stessa”. Inevitabile dunque continuare a ricordare quella strage.

Queste poche righe, all’indomani della data-simbolo dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, in perenne solidarietà col popolo ebraico, il popolo della “promessa”, il primo a conoscere e adorare l’unico Dio. Va stigmatizzata con fermezza, oggi, l’incapacità di distinguere tra un “popolo” e il suo governo fino a riesumare follemente, ovunque, un antisemitismo che ci si illudeva sepolto: nelle piazze e nelle università dell’Occidente, per non dire nella cloaca dei new media.

Tutti i popoli hanno avuto capi e vassalli autoritari, attaccati al potere e spesso violenti; in primis esattamente gli arabi e musulmani – e tuttora i palestinesi: capaci di atrocità e bestialità impensabili (che emergono ogni giorno di più dalle testimonianze dei prigionieri liberati da Hamas), nonché attaccati al denaro, da solidi miliardari.

Basta, per saggio, riandare alla fine cruenta di tutti i primi successori di Maometto e di infiniti altri uccisi dai contendenti. E’ dunque giunto il momento di distinguere chiaramente Netanyahu e il suo governo destrorso estremista (ma anche i despoti che si dicono di sinistra nel mondo non sono da meno!) dal popolo ebraico – compresa la diaspora, gratuitamente bersagliata – e dagli stessi israeliani che in molti ora – e non solo per gli ostaggi – chiedono le dimissioni del capo, al potere troppo a lungo in una democrazia. Tanto a lungo da disprezzare consigli e richiami di chi da sempre difende Israele, Stati Uniti ed Europa compresi, e negarsi ad ogni tentativo di mediazione. In realtà, se la ritorsione poteva apparire inizialmente “giustificabile”, la persistenza diventa ora “diabolica” con l’aumentare delle vittime civili, tra cui molti, troppi, bambini, che inorridisce tutti, non meno delle stragi di Hamas, per quanto non satanicamente intenzionali come quelle.

Il progetto di distruggere i terroristi appare sempre più arduo (tanto più che si ha a che fare con fanatici, ben radicati) e quello di liberare gli ostaggi con la forza si è rivelato totalmente illusorio. Si può ben dire, ormai, che unico obiettivo per il premier israeliano resta mantenere la poltrona, ben consapevole che se ferma la guerra dovrà andarsene il giorno dopo.

Tutto ciò, dunque, non può ripercuotersi contro un “popolo” che ha pieno diritto all’esistenza, a una patria e alla stima degli altri popoli, non meno di quello russo e di quello ucraino. Sorprende, ad es., che tra le proteste nelle nostre piazze siano assenti quelle contro Putin, palesemente guerrafondaio, invasore, distruttore, pluriomicida e stragista!

Per la Palestina ora l’UE sta puntando seriamente verso un summit che orienti ai due stati, pur sapendo che non sarà facile (per questo prevede sanzioni se l’ipotesi non dovesse reggere: l’oltranzismo, infatti, sia in Israele sia tra gli estremisti palestinesi, sarà duro a morire). Mentre vari paesi arabi attendono sornioni la fine di Netanyahu, senza sbilanciarsi troppo per i palestinesi, puntando piuttosto al tornaconto economico, è urgente che l’Europa e l’Occidente agiscano anche contro il premier di Tel Aviv. 

Vincenzo Tosello