Editoriale

Tanto di cappello alla Francia per il triste primato mondiale – in linea con la sua storica “rivoluzione dei Lumi” – di aver inserito lunedì scorso il “diritto di aborto” in Costituzione! Proprio mentre usciva la nostra modesta riflessione sul “marzo-donna” – con un elogio, tra l’altro, della maternità – il 4 marzo, come ormai previsto, del resto, dopo le approvazioni a grande maggioranza da parte dell’Assemblea nazionale e del Senato, il Congresso nazionale (cioè le camere riunite a Versailles) approvava a sua volta con schiacciante maggioranza (780 sì e 72 no sugli 852 votanti dei 925 parlamentari: ne sarebbero bastati i tre quinti: 512) il glorioso infausto inserimento nella Carta fondamentale dello specifico comma.

A dire il vero, con un po’ di pudore, l’augusto consesso non scrive esplicitamente “diritto di aborto”, bensì in maniera più candida: “La legge determina le condizioni nelle quali si esercita la libertà garantita alle donne di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza”, ma in sostanza è lo stesso. Cioè, si stabilisce – a scanso di ogni equivoco e di ogni rischio di marcia indietro (come si è chiarito facendo riferimento ad es. a Stati Uniti, Ungheria e Polonia…) – che l’aborto, già ammesso da una legge specifica, ora sarà per sempre sancito come libera azione da compiere e pieno diritto da esigere, di cui si dovranno solo precisare eventuali modalità.

Lascia allibiti, anche se scontata, l’aura di trionfo e di entusiasmo che ha circondato il grande evento. Tour Eiffel illuminata e piazza del Trocadero (intitolata ai “diritti umani”) in delirio per questo “passo avanti” storico” Fierezza francese.

Messaggio universale” ha subito scritto sui social il presidente Macron, grande soste nitore del progetto libertario, degno successore, in buona compagnia, degli artefici dei “Lumi” che hanno irradiato nel mondo il progresso sociale, culturale, morale, esaltando, fra i tre slogan rivoluzionari – insieme a”égalité” e “fraternité” – soprattutto la “liberté” (a dire il vero, tutti principi cristiani, ma a quanto pare spesso artatamente distorti).

Si è inteso così, infatti, blindare la “libertà di scelta” della gestante. “#MonCorpsMonChoix” è il motto scritto a caratteri cubitali, urlato e diffuso ovunque. “Mio il corpo, mia la scelta” o, come si diceva da noi, “Il corpo è mio e lo gestisco io”. Sia chiaro che qui non intendiamo censurare né giudicare chi, per le più varie ragioni ricorre all’aborto: il giudizio si lascia a Dio (“chi sono io per giudicare?…” ci ha insegnato papa Francesco); ma si vuole solo timidamente osservare che anche questa volta la dea Ragione ha dimenticato di ragionare. Primo: il corpo non è “mio” come una cosa di cui posso fare ciò che voglio; ma io “sono” il mio corpo, finché vivo. Secondo: nel corpo della gestante si sta formando un altro corpo, cioè un altro essere vivente che ha la stessa dignità umana; “di chi” è e “chi” è quel corpo? Terzo: non può esistere un “diritto” che lede platealmente il diritto di un altro fino addirittura a togliergli la vita!

Lo ammetteva già la gloriosa Rivoluzione del 1789 e lo sa bene qualsiasi persona raziocinante: “La libertà consiste nel poter fare ciò che non nuoce agli altri”. Ora, quale nocumento maggiore che negare al nascituro di venire alla luce? Su queste elementari verità evidentemente si preferisce sorvolare, non si sa bene se per ingenuità o per ipocrisia. Il richiamo dei vescovi francesi e della Pontificia Accademia della Vita a difendere i più deboli (e chi è più debole di uno che sta per nascere?) purtroppo incontra molti sordi. Preoccupazioni si aggiungono a preoccupazioni per chi vuole tutelare sempre la vita. Infatti statuire in Costituzione una tale “libertà di aborto”, oltre che trascurare deliberatamente di sostenere quelle donne in difficoltà che invece vorrebbero partorire, pregiudica anche come si è osservato – la legalità dell’obiezione di coscienza per i medici e prelude – ahimè, lo si è già preannunciato – a inserire in Costituzione anche l’eutanasia. E il “primato” della Francia, è da prevedere, sarà emulato da molti altri in Europa e nel mondo, tranne forse da quei 24 Paesi che ancora vietano l’aborto come tale, guadagnandosi il marchio di retrogradi e illiberali. 

Vincenzo Tosello