Uniti nel dono

CEI – Campagna per il sostegno ai sacerdoti

Papa Francesco nella Christus vivit afferma che “Gesù è l’eterno giovane”, pertanto la Chiesa, suo corpo, è eternamente giovane. Il rapporto perciò Chiesa-giovani dovrebbe essere un rapporto scontato, ma nel tempo c’è stato un cortocircuito per cui la fede, la religione, la frequentazione della Chiesa è solo “roba da bambini”. Eppure in questo momento storico chi sta dando fiducia, chi sta cercando di mettersi in ascolto, chi pensa ai giovani è proprio la Chiesa. Lo dimostra l’attenzione del Sinodo dei giovani di qualche anno fa, l’impegno di papa Francesco non solo con testi magisteriali, ma anche il loro coinvolgimento nel dibattito sinodale e tutta la sua preoccupazione e l’interesse per la questione climatica. Se questo a livello universale, non manca la capillarità nei vari livelli ecclesiali: il nazionale, il diocesano, il parrocchiale.

Congregazioni religiose, associazioni e movimenti, le singole comunità cristiane si inventano di tutto per cercare, non di creare proseliti, ma di permettere l’incontro tra il Signore Gesù e gli uomini.

Spesso in prima linea ci sono i presbiteri. Pensiamo come sempre i cappellani\vicari parrocchiali, siano destinati principalmente a “stare con i giovani”, forse il metodo di don Bosco ha inciso molto, pensiamo a due semplici sue affermazione “Salvare i giovani coi giovani”; “Basta che siate giovani perché vi ami”.

In fondo il rapporto giovani e prete non è un rapporto del singolo con le masse, ma ciò che rende speciale è il rapporto a tu per tu, dove nell’informalità, spesso si viene a contatto con storie di depressione, di incapacità ad accettarsi, la fatica del crescere, fare scelte importanti che già segnano il futuro della vita.

La nostra Diocesi poi, non avendo grandi opportunità di crescita, non essendo luogo universitario o di crescita culturale, come comunità cristiana invece offre esperienze più che significative, basti pensale alla presenza dei padri Salesiani, Canossiani e Cavanis, ma l’impegno anche dell’Azione cattolica, dei movimenti ecclesiali, oltre all’attività di alcuni importanti oratori sparsi nel territorio.

Le esperienze che per lo più permettono ai giovani di uscire dalla loro “tribolazione”, dal loro “mal di vivere” è il dare loro fiducia, a partire dal dare loro piccole responsabilità. Penso alle tante esperienze di animazione estiva rivolta ai più piccoli, o l’animazione dei gruppi durante l’anno.

Quello che è importante però far capire è che non è un utilizzare manodopera a basso o zero costo; bensì proprio aiutarli a riflettere che è il primo segno di crescita umana, e quindi anche quel sentirsi amati dal Signore, e avere fiducia e stima in se stessi e insieme apprezzarsi per quello che si è, accettarsi per quello che si ha. Spesso il non essere come gli influencer propongono, o come altri modelli offerti, può creare problemi che diventano anche gravi come i disturbi dell’alimentazione, o peggio ancora, come dicono le statistiche fino a togliersi la vita.

Eppure sono tanti i preti, che contrariamente a quello che cantava Celentano, nella sua celebre “Azzuro” “perdono tempo” per ascoltare, non per dare risposte, ma attraverso il dialogo spirituale, la confessione, aiutano a leggere i segni che il Signore offre per raggiungere quella promessa di realizzazione della propria vita.

Gli investimenti che la Chiesa fa nelle strutture di accoglienza, nella formazione, nella realizzazione di proposte forti possono realizzarsi proprio grazie anche ai fondi 8×1000, come già abbiamo potuto raccontare in passato.

Il prete non è uno psicologo, anche se lo studio della psicologia aiuta, non è un medico, un insegnante, un genitore, ma talvolta il suo ministero lo porta ad essere una figura “sintetica”, che, partendo da Cristo uomo nuovo, diventa maestro di umanità, e realizza la sua missione aiutando gli uomini, appunto a partire dai giovani, ad essere sempre più uomini e le donne sempre più donne. È questa la missione di cui ancora c’è tanto bisogno.

Il presbitero è padre, pur non avendo figli suoi, ma in obbedienza al suo Maestro e al Padre, perché “uno solo è il Padre”, offre quella paternità gratuità, libera, per cui non ha nulla da perdere, nulla da ricercare, se non che una sua “figlia”, un suo “figlio”, possano essere quei figli beati che il Padre ama più dei fiori del campo e gli uccelli del cielo.

don Yacopo Tugnolo