Classifiche

COSTUME & SOCIETA’

Le classifiche della discordiaQuasi nulla è in grado di accendere dibattiti infuocati al pari delle classifiche. Più dei comizi politici, considerati parole al vento che come esso si disperdono senza lasciare traccia, o magari qualche danno. Più della situazione economica del Paese, ammesso che qualcuno ne conosca le reali condizioni. Più del finale della serie tv più acclamata, ancora criticato dopo mesi ma pur sempre confinato in una dimensione che coinvolge lo spettatore soltanto per la durata degli episodi, poi si torna nel mondo reale. Le classifiche invece quel mondo reale lo caratterizzano e rischiano di influenzarlo. È infatti scientificamente provato che la mente, trovandosi di fronte a liste di preferenze concernenti ambiti di proprio interesse, per quanto possa avere convinzioni e gusti ben definiti, non può non essere toccata dal parere della massa, nel caso non rispecchiasse il suo. Così se capita di incappare nella classifica delle dieci canzoni più amate degli ultimi vent’anni e non si trova nessun riscontro con la playlist del proprio telefono inizialmente si borbotterà qualcosa sui soliti raccomandati delle solite case discografiche che comprano i risultati, ma poi la curiosità di andare a riascoltarsi le dieci prescelte prevarrà. E probabilmente alcune di loro potrebbero sembrare più gradevoli di come le si ricordava solo per l’influenza della classifica. Lo stesso non accadrà per il trucco anni Ottanta, esageratamente colorato, pacchiano, difficile da rimuovere, eccessivo perfino per il Carnevale, considerato il peggiore di sempre e per ancora molti anni a venire. Ci sono classifiche che sorprendono, classifiche che indignano, classifiche improbabili, altre inaffidabili, ma difficilmente una classifica passerà inosservata. Non poteva di certo capitare ad una classifica che è rimbalzata su tutte le piattaforme social e che decreta la città peggiore per ogni regione d’Italia. Centinaia di paladini, abitanti o semplici estimatori delle città sotto accusa si sono scatenati tra insulti e minacce, alcuni elencando i presunti difetti delle altre città che hanno superato indenni il test, quindi stilando a loro volta una classifica. La necessità di incasellare tutto in spazi ben definiti dove il vertice è da ammirare e le posizioni più basse da biasimare fa parte della necessità di dare un certo ordine alle cose. Ma dipende tutto dal punto di vista. Per ogni argomento esisterebbero tante classifiche quanti sono gli abitanti del pianeta capaci di intendere e volere, o quasi. Certo, rimanendo in ambito regionale, definire Napoli la città peggiore della Campania è un cliché, mentre eleggere Roma a pecora nera del Lazio non può che dipendere dalle immagini di immondizia abbandonata in ogni dove che hanno fatto il giro del mondo. Allo stesso modo un brano musicale può balzare in testa alle classifiche e diventare orecchiabile solo perché viene trasmesso più spesso dalle radio, o perché il cantante è più carismatico degli altri ma non per questo più abile con strumenti e corde vocali. Un libro può scalare le classifiche di vendita perché scritto da un’influencer molto conosciuta e con uno stuolo di ragazzine disposte ad acquistare qualsiasi cosa venga sponsorizzata o realizzata dalla loro beniamina. In tal caso si dovrebbe distinguere tra la classifica dei libri più venduti e la classifica dei migliori libri dell’anno. Ma chi può decidere per tutti quali libri valgono più di altri? I critici? Raramente il giudizio della critica incontra il parere del pubblico, forse perché la critica viene indirizzata sulla giusta strada o forse perché l’occhio dell’esperto non include un tassello fondamentale: l’empatia. Che nel pubblico predomina. Ecco perché si è pronti a difendere da ogni classifica le proprie preferenze, i propri gusti, la propria città. Anche quando sono indifendibili.                                         

Rosmeri Marcato