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Sport

Cristiano Ronaldo ha da sempre la fama di essere uno sportivo ossessionato dalla sua immagine salutista e sempre in forma, ovviamente questo fa sì che si ha il calciatore abbia un ritorno impressionante dalla gestione – soprattutto via social – della sua immagine.

La storia, si sa, è ormai nota: conferenza stampa del Portogallo a Euro 2020, si presenta il capitano Cristiano Ronaldo che, per prima cosa, sposta le due bottiglie di Coca-Cola (storico Official Sponsor Uefa) davanti alla sua postazione e le rimpiazza con una bottiglietta d’acqua commentando: “Bevete acqua” e pronunciando il marchio Coca-Cola in modo stizzito.

Il video, visto e condiviso da milioni di persone in tutto il mondo, tra meme e parodie, ha tuttavia influito e non poco sul mercato azionario della storica bevanda. 

A seguito del gesto di CR7 infatti Coca-Cola ha subito un danno di immagine con un riflesso concreto anche sul proprio titolo in borsa, registrando un calo dell’1,6% , pari circa a 4 milioni di euro.

Il gesto di spostare le bottiglie dal tavolo dove si svolgono le conferenze stampa sta peraltro diventando una sorta di comportamento virale, ripetuto anche da Pogba (con la birra Heineken, altro sponsor della manifestazione) e dal nostro Locatelli, anche se in modo meno plateale, al punto che pare la Uefa voglia prendere dei provvedimenti. Ma torniamo al gesto iniziale perché racconta molto di quello che è diventato il calcio delle star molto meno giocato e molto più economico.

Cristiano Ronaldo è un calciatore, ma è soprattutto un brand, una vera e propria azienda che tra ingaggi, sponsorizzazioni, accordi commerciali e tutto il business che l’industria basata su di lui riesce a mettere insieme “fattura” 92 milioni di euro lordi l’anno (dati Forbes) di cui 30 solo da sponsor. 

Per dire, si calcola che solo su Instagram durante il lockdown il calciatore portoghese abbia guadagnato in due mesi più di 2 milioni di euro. Ogni foto postata sul social, anche apparentemente la più innocua, vale circa 800 mila euro.

Quindi l’immagine in primo piano di due bottiglie di Coca Cola (che non è uno sponsor di Ronaldo) rispetto a lui, che invece in quel momento deve essere l’assoluto protagonista della scena rappresenta, un conflitto, una perdita di guadagno e anche un contrasto “valoriale” rispetto al proprio brand, e che quindi deve essere risolto, eliminato. Oltre al fatto di esserci un brand altrettanto forte a contendere l’attenzione in termini di visibilità e di immagine, in questo caso la bibita gassata e zuccherosa è anche in contrasto al “brand Ronaldo” legato, come dicevamo prima, a uno stile di vita ossessivo-salutista e su cui è basata la scelta del proprio portafoglio di sponsor.

C’è da dire però che queste situazioni di stardom estreme e di conflitto sono rare (CR7, Messi e pochi altri rappresentano casi a parte) è vero però che in certe manifestazioni il brand dell’atleta è molto più forte e importante della società o Nazionale in cui gioca o della competizione stessa, quindi la propria forza economica può entrare in conflitto con quello dell’azienda sponsor dell’evento.

C’è però l’impressione che questa tirannia dello star system assoluto, almeno nel calcio, sia in una fase calante. Vedi il caso della Superlega e ce lo stanno raccontando proprio questi Europei di calcio dove le storie più interessanti non arrivano tanto dai gesti dei supercampioni, quanto dal gruppo, dallo spirito di squadra, dal gesto sportivo inteso non come performance tecnica, ma legato a valori come lealtà e sportività: dalla squadra danese che si stringe intorno a Eriksen per proteggerlo, alla cenerentola Ungheria del nostro connazionale Marco Rossi fino all’entusiasmo che trasmette la nostra Nazionale senza “campioni”.

Si tratta di “Valori” che, per fortuna, ancora non possono essere oggetto di un contratto di sponsorizzazione e che alla fine sono quelli che muovono la passione per lo sport.

Valerio S.