gabbia dei matti particolare

Cultura

UN PERSONAGGIO DEL ‘500 CHE SI RISCATTÒ CON L’ARTE

Tra tutti i libri d’amore specialmente in questi giorni post san valentiniani non può uscire dalla memoria il poemetto “Le Lagrime d’Amore” di Sebastiano Di Re da Chioggia, in endecasillabi di 91 ottave, stampato a Venezia nel 1553. Dietro il frontespizio si trova una breve dedica dell’autore ai lettori. Vi espone l’intenzione dello scritto, cioè di ammonire i giovani perché fuggano dall’a- more, raccontando loro le sue sciagure originate da una passione amorosa. La sciagura del poeta era una tristissima verità: condannato …. a morir ne la prigione Che la caliginosa nott’eterna De l’abisso dinanzi a gli occhi pone, Orba chiamata… 

Questo supplizio crudelissimo gli aveva inflitto la sentenza del
Podestà di Chioggia Agostino Contarini il 14 marzo 1548: condanna a vita nel carcere Orbo d iVenezia.

Il poemetto nasceva soprattutto dall’intento di muover a compassione e di ottenere grazia o una anche parziale revisione della causa, narrando la sua tristissima avventura.
Si era disperatamente innamorato di una donzella e da lei corrisposto era arrivato fino al matrimonio. I due neosposini diretti di notte alla casa della sposa furono assaliti da alcuni malfattori, che ferirono gravemente luieducciserolei. Sanguinantesitrascinòdaisuoceri, ma la madre della sposa vedendolo in quello stato lo accusò di assassinio e di essersi ferito per fingere l’aggressione. Il podestà di Chioggia accettò le accuse
e condannò il nostro Sebastiano al carcere perpetuo
in Venezia.

Per fortuna il poemetto spinse l’avogador Ser Marco Morosini, davanti al Consiglio dei Quaranta, a ridiscutere il caso, a sette anni dalla condanna. Il Consiglio, preso atto dei fatti, annullò in parte la prima sentenza, obbligando il Di Re ad essere bandito in perpetuo da Chioggia e dal suo distretto per evitare forse turbamenti ed inimicizie coi parenti della moglie. Vedi: Archivio di Stato di Venezia Valier, Antonio <1512-1556> (di Pietro; avogadore di Comun nel 1550; Cappellari, It. VII, 18, c. 147r; Barbaro, Genealogie, It. VII, 928, c. 156r).
Titolo presente: Al clarissimo avogador del Comun il mol- to magnifico m. Antonio Valliero ilustrissimo mio signore humilissimo suo servitore Sebastiano Re da Chioggia. Primo testo inciso: Clarissimo signor Avogador. Mosso dall’ardente desiderio della mia salute alla sua buona gra- tia humilmente chinato a terra mi raccomando; segue sottoscrizione: “della prigion Liona D.V.C.M. humilissimo servitor sebastian re da chioggia”. Completa il titolo della supplica la frase: “Quel che vi posso dar tutto vi dono”. Dal testo iniziale, in prosa, della supplica si sviluppa il componimento poetico in endecasillabi. Esiliato così dalla sua città natale, iniziò a Venezia e soprattutto a Roma la sua nuova carriera di artista come incisore in rame per la stampa. Nelle sue opere firmava anche in latino Sebastianus a Regibus clodiensis in aere incidebat (Sebastiano da Re da Chioggia incide- va in rame). La sua attività calcografica si sviluppò a Roma tra il 1557 ed il 1563. La sua prima opera cartografica fu la mappa di “Roma con i forti”. Successiva- mente disegnò varie carte geografiche: Belgio, Regno di Napoli, Francia, Grecia e Friuli. Incise anche copie dalle opere di Michelangelo e Raffaello. Di lui ricordiamo ed alleghiamo l’immagine (purtroppo visibile per quanto possibile) de “La gabbia dei matti”; un’opera che ricorda l’Elogio della Pazzia di Erasmo da Rotterdam”, dove elenca vari tipi di pazzie con scenette di arguta ironia, firmandosi in alto a destra Sebastiano di Re da Chioggia.

Luciano Bellemo